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Sliding Doors: le Rp in Italia

10/12/2010

Come è cambiata la professione in Italia? _Toni Muzi Falconi_ ne ricostruisce il percorso sulla scorta delle ricerche condotte nel 1983 e nel 2008 da _Emanuele Invernizzi_ e sulla base dei risultati dello _European Communication Monitor_ recentemente presentati in IULM.

di Toni Muzi Falconi
Già nel 1983, il giovane sociologo italiano, Emanuele Invernizzi (attuale presidente di Euprera – European Public Relations Education and Research Association), effettuava per conto di Ferpi, il suo primo progetto di ricerca sulle relazioni pubbliche, intitolato Terziario Avanzato e Nuove Professioni: il caso delle rp, edito da Franco Angeli Editore.
Studiando un campione rappresentativo di professionisti delle relazioni pubbliche riferiva che:

il 57% ritiene che il progresso delle relazioni pubbliche sia ritardato dall’arretratezza della cultura imprenditoriale, ma il 70% sostiene che il ritardo sia causato dall’improvvisazione dei professionisti. Naturalmente, il 70% esprime anche un grande bisogno di formazione professionale e l’81% di una maggiore specializzazione.
inoltre, il 38% afferma la necessità di concentrarsi su obiettivi operativi, il 33% di partecipare alle decisioni operative e il 29% di partecipa re alle decisioni strategiche.
secondo gli intervistati, il 54% delle imprese fa qualche attività di Rp, ma solo il 18% dispone di una struttura dedicata.

Venticinque anni più tardi (nel 2008) – vedi articolo di Invernizzi al congresso Euprera a Milano – quel 18% è diventato un 78%, rappresentato da professionisti che riferiscono direttamente alla leadership dell’organizzazione.
Inoltre, mentre nel 1983, la percentuale di professionisti che affermava di possedere una formazione specifica era del 47%, nel 2008 tale numero è salito al 96%.
E ancora, nel 1983 c’erano solo 10 corsi privati in relazioni pubbliche, nel 2008, ben 63 università offrivano 167 corsi di laurea di primo livello e 164 corsi di laurea di secondo livello in Rp. Infine, nel 1983 il 74% dei professionisti delle Rp erano uomini, mentre nel 2008 il 63% sono donne.
Questi e altri dati sono stati presentati alcune settimane fa in una conferenza a Milano, organizzata da Ferpi.
Sulla scorta di quanto esposto da Invernizzi, la giovane studiosa, Stefania Romenti, ha presentato in quell’occasione una prospettiva interessante sui professionisti italiani delle relazioni pubbliche oggi, confrontati con quelli di altri paesi europei, elaborata dalla recente ricerca Euprera, lo European Communication Monitor.
Per capire dove la professione è arrivata e dove sta andando è certamente utile consultare la presentazione (fornita qui in inglese).
Quanto al futuro, la terza sessione (tenuta dall’autore di questo post, Toni Muzi Falconi) si è soffermata sulle macro – tendenze. L’organizzazione comunicativa, dicevo, è come Giano (o da una prospettiva meno etnocentrico, ying/yang): da un lato il ciclo hard, dall’altro il ciclo narrativo soft .
Questi due profili sono correlati e investono direttamente la responsabilità della leadership dell’organizzazione.
Mentre il primo mira all’efficienza, il secondo si proponne di lievitare la sua licenza di operare. In questo scenario le Rp , intese come relazioni con gli stakeholder , hanno un ruolo importante e fondamentale da svolgere… ma solo se siamo in grado di garantire che i professionisti imparino a comunicare con, piuttosto che ai loro stakeholder.
Per comprendere meglio la situazione italiana, citerò anche una ricerca appena conclusa, ancora una volta promossa da Ferpi, non ancora pubblicata.
Il titolo, “Beyond”, esprime chiaramente la sostanza dei risultati: fondamentalmente, oggi i professionisti della comunicazione respingono la tradizionale distinzione tra “above the line” e “below the line”.
Questi professionisti ritengono che nei prossimi due anni circa il 70% del budget di comunicazione nelle PMI (la spina dorsale di ciò che resta dell’economia italiana) sarà investito nelle relazioni con gli stakeholder, mentre per le grandi imprese almeno la metà di questi investimenti si occuperà di relazioni con gli stakeholder.
Tratto da PR Conversations
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