Storia Ferpi: il riconoscimento giuridico delle associazioni professionali
16/06/2010
La terza fase dell’iter, non ancora concluso, del riconoscimento giuridico della professione si colloca negli anni Novanta. Tutte le iniziative Ferpi di quel periodo fino ai disegni di legge Vietti, arenati in Parlamento dall’autunno 2005.
di Francesco Scarpulla
Già negli anni ‘90 una direttiva della CEE invitava i governi nazionali a riconoscere le associazioni professionali non regolamentate.
La direttiva CEE – direttiva 92/51, poi integrata con la direttiva 2001/19 – ha fissato i principi per cui le associazioni di rappresentanza professionale possono essere riconosciute e acquisire una personalità giuridica e, di conseguenza, considerate rappresentative erga omnes di una categoria professionale. I principi della direttiva prima richiamata fissano come requisiti:
un sistema di esami per l’iscrizione dei soci professionisti, attraverso una verifica personale e diretta del sussistere dei requisiti fissati dallo Statuto per far parte, come professionista, di una Associazione di carattere professionale (non è sufficiente la compilazione di un modulo);
un sistema di verifica del permanere dei requisiti, vale a dire attraverso controlli periodici per accertare l’attività a carattere professionale svolta effettivamente;
un sistema di Codici di deontologia, liberamente accettati dagli iscritti delle associazioni professionali e di cui è garantita e verificata l’applicazione;
un sistema di certificazione dell’aggiornamento professionale periodico degli iscritti professionisti (accreditamento).
Alla luce di questa direttiva, dal momento che l’esigenza di un riconoscimento giuridico non era propria più solo della FERPI ma anche condivisa da altre associazioni dell’area della comunicazione, su iniziativa della FERPI attraverso l’ Interassociazione della Comunicazione d’Impresa (ICI), fu costituito nel 1992 all’interno del CNEL un Comitato interprofessionale della comunicazione che riuniva e rappresentava il mondo della comunicazione, il cui primo presidente fu l’allora presidente FERPI Mauro Miccio.
Questo Comitato aveva preso l’iniziativa di elaborare nell’ambito del CNEL un disegno di legge sul riconoscimento giuridico delle associazioni professionali della comunicazione.
L’allora presidente del CNEL Giuseppe De Rita si impegnò fin dall’inizio in questa iniziativa, fu cosi che nei primi anni ‘90 nacque in ambito CNEL una proposta di legge sulle associazioni professionali in linea con le direttive CEE.
A questo punto le singole associazioni della comunicazione riunite nell’ICI rendevano concreto il loro impegno nel CNEL per arrivare a formulare un disegno di legge di regolamentazione delle associazioni professionali non riconosciute. Tale disegno di legge veniva commentato con molta risonanza dai media e veniva presentato in Parlamento, ne iniziava la discussione ma non arrivò mai ad essere approvato dall’uno o dall’altro ramo del Parlamento.
Da un lato, la mancata approvazione di tale disegno di legge deludeva le aspettative delle associazioni professionali che facevano parte dell’ICI, ma nel contempo l’iniziativa del CNEL per tre o quattro anni portava il tema del riconoscimento giuridico su un piano più generale, non più proprio della FERPI o di altre singole associazioni ma dell’intera categoria rappresentata dall’ICI.
Questa proposta veniva presa in considerazione nel 1997 dal Ministero di Grazia e Giustizia che dichiarava la sua attenzione e disponibilità per giungere alla regolamentazione delle attività professionali non riconosciute.
Su questo percorso l’iniziativa finalmente si concretava ed il sottosegretario del Ministero di Grazia e Giustizia, Michele Vietti iniziava un faticoso dialogo con gli Ordini professionali e con le associazioni non riconosciute del Comitato Interprofessionale della Comunicazione in ambito CNEL per riordinare le norme di legge relative agli Ordini professionali e chiarirne le competenze rispetto alle competenze proprie delle associazioni non riconosciute.
In quella legislatura (XIII) il sottosegretario alla Giustizia Vietti ebbe la delega di recepire nell’ordinamento giuridico italiano, con un’unica proposta di legge, le direttive dell’allora Comunità Economica Europea (CEE) che l’Italia non aveva ancora recepito; tra queste risultava quella sul riconoscimento giuridico delle associazioni professionali, con un vero e proprio radicale cambiamento del sistema degli Ordini professionali propri delle professioni riconosciute.
Le linee generali del disegno di legge che il sottosegretario di Stato al Ministero della Giustizia, Michele Vietti, ha predisposto avevano l’obiettivo di validare ed attualizzare il sistema degli Ordini professionali per le professioni riconosciute e delle associazioni di professionisti per quelle professioni che non sono regolate dalla legge. Per tali professioni non riconosciute, si mirava a definire una procedura di riconoscimento pubblico utile a identificare gli operatori che assicuravano prestazioni professio¬nali di carattere e contenuto intellettuale, dando corpo ad una tutela di coloro che si avval¬gono di tali prestazioni.
Il disegno di legge, approdato in Parlamento, veniva ad essere approvato in sede non deliberante dalla Commissione giustizia della Camera dei deputati.
Al termine della XIII legislatura il disegno di legge presentato su proposta del Governo dal sottosegretario Vietti decadeva come altri.
Nel 2001 inizia la nuova legislatura (XIV), il sottosegretario Vietti riprendeva le sue responsabilità al Ministero di Grazia e Giustizia con la medesima delega, riprendeva il lavoro per il recepimento della direttiva sulle professioni con nuovi incontri e con rinnovate resistenze degli Ordini professionali.
Nell’autunno del 2002 al sottosegretario Vietti veniva affidato l’incarico di presiedere una commissione specifica, composta da esperti e rappresentanti dei professionisti.
Nel maggio del 2003 il lavoro della commissione portava ad elaborare una bozza di disegno di legge, che portava il nome di Vietti, testo successivamente rivisto ma mai posto all’Ordine del giorno nel Parlamento e comunque identificato come Vietti-bis. Tra le principali novità in questo disegno di legge Vietti bis:
riconoscimento pubblico delle associazioni espressione delle “nuove” professioni;
sostituzione della clausola delle “attività qualificanti”, quale cornice definitoria dell’ambito di svolgimento dell’attività dei professionisti iscritti in Albi, con il criterio delle «prestazioni che hanno una connotazione tipica delle professioni di interesse generale»;
semplificazione della procedura di riconoscimento affidata ad un’istruttoria del ministero della Giustizia (e non più a una commissione paritetica con rappresentanti di Ordini e Associazioni);
rafforzamento delle strutture societarie per l’esercizio in forma associata dell’attività professionale;
conferma delle tariffe minime e massime, ma solo per quei profili di attività che incidono su interessi generali (in linea con la giurisprudenza della Corte di Giustizia Ue) e con l’introduzione di una soglia di tolleranza per i “patti” che prevedano una riduzione inferiore al 20% del compenso rispetto ai minimi vincolati.
La «Vietti-bis» puntò a far convivere il profilo “pubblicistico” delle professioni, connesso alla tutela di interessi generali, con quello “privatistico” della concorrenza, derivante dall’esercizio di un’attività economica, confermando una disciplina che ha come architrave il sistema “duale”.
Secondo quanto previsto dalla “Vietti-bis”, accanto agli Ordini (i cui iscritti potranno creare associazioni per sottolineare determinate specializzazioni) – dei quali si auspicava un accorpamento tra quelli più “omogenei” – il ministero della Giustizia avrebbe potuto riconoscere le associazioni delle nuove professioni, le quali, se in possesso di alcuni requisiti, avrebbe potuto chiedere l’iscrizione in uno specifico registro.
Ma nell’autunno del 2005 l’esame della proposta di legge “Vietti-bis” si arenava in Parlamento nonostante un apparente largo consenso raggiunto con i rappresentanti degli Ordini professionali e delle associazioni non riconosciute.
Gli articoli precedenti:
Storia Ferpi: la regolamentazione della lobby
Storia Ferpi: il riconoscimento giuridico della professione
Storia Ferpi: le cinque tesi costitutive
Storia Ferpi: le Rp nella Pubblica Amministrazione
Storia Ferpi: verso l’affermazione di un’opinione collettiva
Storia Ferpi: la “Dichiarazione dei Diritti del Consumatore”
Storia Ferpi: dalla pubblicità verso le Rp
Storia Ferpi: dagli anni ’90 al nuovo millennio
Storia Ferpi: le attività tra il 1993 ed il 1995
Storia Ferpi: progetti e iniziative dei primi anni Novanta
Storia Ferpi: la FERPI negli ultimi anni Ottanta
Storia Ferpi: le iniziative tra il 1983 ed il 1985
Storia Ferpi: i primi anni Ottanta
Storia Ferpi: la fine degli anni settanta
Storia Ferpi: la seconda parte degli anni settanta, i Convegni di Roma 1976 e Genova 1978
Storia Ferpi: 1970-1975, i primi cinque anni di Ferpi
Storia Ferpi: 16 maggio 1970, nasce la Ferpi
40 anni fa nasceva Ferpi
(con un un articolo storico di Paese Sera a firma di Toni Muzi Falconi)