Ferpi > News > Tiger Woods: le perdite degli azionisti delle aziende sponsor

Tiger Woods: le perdite degli azionisti delle aziende sponsor

12/01/2010

La vicenda di Tiger Woods e delle sue scappatelle non è soltanto un argomento ghiotto per le pagine di gossip ma anche un interessante caso per tutti i professionisti della comunicazione. Il ritiro immediato dei suoi sponsor e i danni arrecati, non solo al campione di golf ma anche agli azionisti delle aziende in questione, è tutto da studiare e comprendere. L'analisi di Toni Muzi Falconi.

di Toni Muzi Falconi


Come potete immaginare, la vicenda delle relazioni extraconiugali del maggiore campione di golf di tutti i tempi, ha sommerso non soltanto la televisione e la stampa generalista ma anche giornali, blog e forum statunitensi collegati alle relazioni pubbliche, allo sponsoring, alla pubblicità e al marketing.


Impossibile, e forse anche inutile, provarne una sintesi. Per dirla tutta mi ha dato parecchio fastidio che alcuni sponsor abbiano immediatamente interrotto i ricchissimi contratti (Tiger riceveva più di 100 milioni di dollari l’anno!) che legavano la loro immagine direttamente a quella del golfista.


In particolare, ricordo come Accenture – la prima azienda a mollare Tiger – avesse comunicato la sua nascita pochi anni fa lasciando tranquillamente fallire la antica, reputata e consolidata Arthur Andersen, perché pesantemente implicata nello scandalo Enron e senza neppure tentare una difesa che con il senno di poi avrebbe avuto molto senso, e avesse scelto una astuta e del tutto tattica decisione di unire le sue sorti alla immagine… politically correct di Tiger Woods.


Mi ha abbastanza impressionato il suo brusco e soprattutto molto strombazzato addio al suo legame con il marito infedele: una mossa, molto piaciona e, ancora una volta, soltanto tattica.


Ecco però, un paio di giorni fa, una notizia che mi ha sorpreso: due ricercatori della Davis dell’Università di California hanno reso noto, con straordinario tempismo, una ricerca per dimostrare che l’effetto Tiger, nelle due settimane successive al famoso incidente di auto, ha prodotto ben 12 miliardi di danni agli azionisti delle aziende sponsor di Woods! Così il titolo sui giornali e telegiornali. Così anche il titolo sulla newsletter di Jack O’Dwyer.


Ho googlato i nomi dei due docenti pensando al solito ‘giochino’ per attirare l’attenzione sugli autori dello studio. E non avevo pensato male, visto che sulla pagina della Davis dove si può scaricare la ricerca, la foto dei due appare ingombrante assai.


Mi sono letto per intero la ricerca e ho scoperto che in realtà il danno calcolato varia dai 5 ai 12 miliardi di dollari (quindi parecchio meno del titolo della notizia… e soprattutto con un divario quantitativo che farebbe inorridire qualunque economista serio). Poi, alla fine del testo, gli autori scrivono che il margine di errore è comunque ‘molto alto’, poiché il metodo adottato è ‘rumoroso’ (noisy) perchè molte delle aziende sponsor sono società che fanno parte di una holding (ad esempio la Gillette fa parte di Procter and Gamble) e quindi le ‘interferenze’ incidono esponenzialmente sui calcoli. Cosa non si fa per un titolo di giornale… anche in accademia.


Ho pensato comunque utile segnalare questo episodio per due ragioni:



legare il nome di una organizzazione ad un personaggio è sempre stato molto rischioso, ma oggi lo è assai di più di prima. Infatti, sono stati i social media a far crescere il buzz e Tiger Woods, evidentemente mal consigliato da una legione di nostri colleghi e di avvocati evidentemente abituati ad operare nel secolo scorso (taci, e fra una settimana passa tutto…), ha preferito mettere le testa sotto la sabbia;
il metodo usato per calcolare il danno subito dagli azionisti è però interessante e può applicarsi a qualsiasi situazione di crisi ma anche in positivo, ed è utile studiarlo e applicarlo quando opportuno.



Monitorare l’andamento delle quotazioni di borsa, nel periodo in analisi, confrontandole direttamente con il principale concorrente, dimostra ad esempio che il danno è assai maggiore per gli sponsor che operano nello stesso settore (nello sport), mentre il danno per Accenture (dicono gli autori dello studio) è praticamente nullo.


Domanda:



e se così fosse, e se Accenture non avesse aperto in modo così plateale la caccia al Tiger dando il via alla valanga di ritiri successivi, quest’ultimo avrebbe avuto comunque la sua carriera terminata?
e se no, possibile che gli avvocati di Tiger non stiano meditando una azione di rivalsa contro quella società?



Il caso è sicuramente clamoroso e interessante.


Eccovi lo studio.
Eventi