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Toyota e il crisis management 2.0

11/02/2010

Le organizzazioni vanno incontro a situazioni difficili frequentemente ma queste si trasformano in crisi secondo le modalità di risposta all’evento scatenante. Il caso che ha coinvolto recentemente la Toyota rappresenta una nuova lezione per tutti i professionisti delle Rp per imparare a comunicare con i propri pubblici al meglio.

di Enrico Bianchessi
Le disavventure vissute da Toyota in relazione all’ormai celeberrimo acceleratore che si blocca, hanno scatenato un dibattito globale su cosa si deve e non si deve fare quando ci si trova di fronte a una situazione di crisi.
Il “crisis management” non è certo una disciplina nuova, ma a quanto sembra non se ne discute mai abbastanza, ed è sorprendente constatare come aziende che a siffatti scenari dovrebbero essere preparatissime offrano riposte non proprio adeguate.
Tra le numerosissime analisi proposte, mi vorrei soffermare su quella elaborata da John McKeedalle colonne di TechRepublic e fare insieme alcune considerazioni.
Secondo John l’atteggiamento di Toyota all’emergere del problema è stato esattamente quello che si deve evitare: non lo si è affrontato frontalmente, ovvero non si è gestito il problema in modo organizzato e proattivo, direi quasi “guidando”, in un certo senso, la crisi e non lasciandosi trascinare da essa.
Quando emerge un problema di questo genere, occorre immediatamente predisporre un piano di comunicazione e individuare rapidamente le spokeperson autorizzate a fornire informazioni ai media secondo le strategie elaborate nel piano.
Secondo McKee, Toyota ha impiegato troppo tempo a gestire attivamente la questione. I rivenditori sono stati abbandonati a se stessi, senza informative precise sulla natura del problema. Nei confronti dei media poi Toyota ha dato di sè l’immagine di un’azienda poco trasparente o addirittura incapace.
Un simile evento ha messo a dura prova la fedeltà dei clienti, aperto una ferita nella reputazione di Toyota, fatto scendere le vendite e abbassato il valore del titolo in borsa.
Ma questo bilancio negativo in realtà non era affatto scontato. Anche dopo eventi di questo genere la fedeltà dei clienti e la reputazione possono non solo uscire indenni, ma addirittura trarne un effetto positivo. Tutto naturalmente dipende dalle modalità di gestione della crisi.
Aggiungerei che oggi le aziende hanno a disposizione un ventaglio di strumenti per comunicare con i propri pubblici, (nella fattispecie i rivenditori, i clienti, gli azionisti, gli analisti) che vanno ben oltre il comunicato, la conferenza stampa o le interviste.
In poche ore è possibile aprire un blog dedicato, una pagina su Facebook, un canale su Twitter e altro ancora, e parlare ai propri stakeholder con la massima velocità trasparenza.
Sottolineo ancora che sarebbe stato forse possibile tentare addirittura un “ribaltamento” della situazione, e lanciare da subito, attraverso tutti i canali, persino un messaggio “positivo” che più o meno avrebbe potuto dire: “Toyota, che fa della affidabilità e della sicurezza dei propri prodotti un valore assoluto e distintivo del proprio brand, in seguito a sole 26 segnalazioni di possibili malfunzionamenti ha deciso di attuare un richiamo per verificare 1 milione 800 mila vetture in Europa.”
Circa i risultati conseguibili attraverso una gestione corretta delle crisi, McKee rimanda a questo studio relativo alla ben più drammatica vicenda del Tylenol.
Tratto da www.pr20.it
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