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Un anno di guerra: Europa in bilico tra hard power e soft power

#Inpuntadispillo

24/02/2023

Daniela Bianchi

La perdita dell’età dell’innocenza: come il soft power ha lasciato il passo all’hard power. Il commento della Segretaria Generale FERPI, Daniela Bianchi, nel primo anniversario dell'attacco russo all'Ucraina.

24 febbraio 2022 - 24 febbraio 2023. Un anno di guerra nel cuore dell’Europa. Una guerra di bombe e trincee, carri armati, artiglieria. Divise, vittime, sfollati, macerie, uomini e donne fiaccati. Da un anno le immagini che arrivano nel nostro quotidiano ci restituiscono il senso della Guerra, quella che pensavamo di aver relegato al secolo breve.

Denazificare. Una parola che ha dato il via a tutto. Era il 24 febbraio del 2022, prima dell’alba, quando il presidente russo Vladimir Putin annuncia di aver deciso di lanciare una “operazione militare speciale” con l’obiettivo di “smilitarizzare e denazificare l’Ucraina” in risposta a una richiesta di assistenza dalle autorità delle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Luhansk, minacciando i Paesi che fossero intervenuti di “conseguenze mai viste prima”.  Due ore dopo le truppe russe entrano nel territorio ucraino e raid aerei e missilistici colpiscono tutto il Paese, inclusa la capitale Kiev. Gli attacchi missilistici balistici e da crociera nelle prime 24 ore del conflitto sono 160 e 75 le incursioni aeree. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, risponde promulgando la legge marziale, interrompendo i rapporti diplomatici con la Russia e annunciando la mobilitazione generale. I russi puntano ad accerchiare la capitale Kiev, ma la loro avanzata viene rallentata dalla strenua resistenza delle forze armate ucraine.

Da lì in poi, l’attacco di Mariupol, Zelensky che prende via via la scena, nuovi linguaggi, utilizzo dei social, il suo intervento al Parlamento italiano, la ritirata dei russi da Kiev e l’orrore di Bucha. “Combattete per la sicurezza della patria, combattete per la nostra gente nel Donbass”, dice Putin ai soldati, e attacca l’Occidente che “preparava l’invasione” e la Nato che “non ci ha ascoltati sulle garanzie di sicurezza”. Il sabotaggio del gasdotto, l’attacco al ponte Kerck in Crimea. La grave crisi energetica che ha coinvolto tutta l’Europa per l’assenza di una politica sul tema. E poi i grandi viaggi di stato. La visita dei leader Europei a Zelensky, Macron, Draghi, Scholz, Zelensky che vola a Parigi e poi Bruxelles e poi negli Stati Uniti per incontrare Biden, Biden che ricambia la visita proprio nei giorni scorsi, poche ore prima dell’arrivo di Giorgia Meloni. E ancora la candidatura dell’Ucraina da parte della UE a stato membro. Qualcuno, in queste ore ha detto che avevamo iniziato con l’inviare farmaci e viveri, siamo finiti ad inviare aerei.

Grande assente la diplomazia, ha detto qualcun'altro, se per diplomazia si intende il complesso delle regole e dei processi che presiedono alle relazioni internazionali con l’obiettivo di prevenire o risolvere dispute e conflitti, o anche come una speciale abilità nella trattazione di questioni complesse e nella ricerca di compromessi. Il tema è capire l’obiettivo sul quale le diplomazie si mettono al lavoro.

“La guerra ha cementato una nuova unione e solidarietà tra Europa e Stati Uniti. Ha ricompattato una Nato federata una volta ancora dalla potenza statunitense. Ha indotto gli europei a intraprendere, e in taluni casi accelerare, i loro sforzi per emanciparsi dalla dipendenza dal gas e dal petrolio russi. Ha eliminato molte isole di ambiguità, accentuando una nuova partizione binaria degli equilibri europei e inducendo anche Paesi storicamente neutrali come Svezia e Finlandia a una scelta di campo netta, con la loro domanda di adesione alla NATO. Infine, ha conferito a quest’ultima quella missione e quegli obiettivi chiari e inequivoci – il nuovo contenimento della Russia – che aveva con fatica, e spesso invano, cercato dopo la fine della guerra fredda. E però le incognite restano molte e il futuro di Atlantica è tutt’altro che scritto. Permangono questioni irrisolte, a cui il conflitto in Ucraina ha solo messo la sordina. E la guerra ha aggiunto altri elementi di tensione sia nei rapporti intra-europei sia in quelli tra USA ed Europa. Il conflitto in Ucraina ha cioè evidenziato e consolidato un elemento costitutivo dell’Alleanza atlantica: la natura fortemente asimmetrica del rapporto tra il soggetto egemone, gli USA, e gli altri membri dell’Alleanza. Questa leadership è stata politica, militare e in una certa misura ideologica. La guerra ha permesso infatti agli USA di fare pienamente leva su uno degli elementi primari della loro superiorità di potenza odierna, quel hard power militare nel quale, a dispetto di tutto, continua a esservi uno scarto macroscopico tra le capacità statunitensi e quelle del resto del mondo. Infine, il legame tra questa rinnovata coesione transatlantica e i rapporti con la Cina”. Ultimo tassello per Washington di questa rinnovata integrazione euro-statunitense, è disancorare le economie statunitensi ed europee da quella della Cina, paese che ha fatto del soft power la sua arma diplomatica.

Hard power contro soft power. Potrebbe essere questa la sintesi di scenario. E l'Unione europea, che è spesso descritta come uno dei principali attori del "soft power", disponendo di una solida infrastruttura istituzionale con strumenti quali gli aiuti allo sviluppo che comprendono la sanità, l'istruzione e la riduzione della povertà, l'uso cioè di strumenti non militari per influenzare il comportamento di altri paesi, ha spostato il proprio asse con la guerra in Ucraina, sostenendo sempre più l’assistenza militare.

 

 

 

 

 

 

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