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Un nuovo Umanesimo Tecnologico: comprensione e utilizzo

21/05/2020

Serena Bianchini

Nuovo appuntamento de Il Mondo in una Stanza lo scorso 13 maggio, webinar organizzato dalla Delegazione Ferpi Lazio che ha visto la partecipazione di Marta Bertolaso, Professore di Filosofia della Scienza e Sviluppo Umano dell'Università Campus Bio-Medico di Roma sul tema Dalle Transizioni digitali a un Umanesimo Tecnologico.

In un dialogo sollecitato dagli interventi in apertura dei soci Ferpi, i Delegati rispettivamente di Sicilia e Piemonte, Amanda Succi e Fabrizio Vignati, Ferpi Lazio ha dato appuntamento ad un nuovo webinar della serie Il Mondo in una Stanza questa volta con la partecipazione di Marta Bertolaso, Professore di Filosofia della Scienza e Sviluppo Umano dell'Università Campus Bio-Medico di Roma.

Tecnologia ed etica: una dicotomia o una strada comune? E quale il ruolo dell'uomo in questo contesto tecnologico molto pervasivo tra social media, IA, nuove tecnologie e big data?

Giuseppe De Lucia, Delegato Ferpi Lazio si interroga e introduce il tema dell’incontro.

Oggi, dalla frenesia delle nostre attività lavorative, personali, siamo passati alla attuale condizione imposta dalla emergenza epidemiologica. Dobbiamo capire come la velocità del digitale possa essere spunto di miglioramento. La tecnologia negli ultimi 20 anni ha impresso una grande accelerazione. Cosa accadrà nei prossimi 10 anni? Come si modulerà la nostra professione? La tecnologia ci viene in aiuto ora, in questo momento delicato, ma impone alla professione una maggiore responsabilità. Vediamo la crescita di autonomia degli algoritmi e dell'IA. L'uomo, pare in secondo piano, aggiunge Amanda Succi.

Con un’esperienza nell'ambito finanziario Fabrizio Vignati evidenzia alcuni dati sui consumi digitali degli italiani, ponendo l'accento su uno in particolare: “il tempo medio trascorso dagli italiani sui canali digitali è aumentato solo dell'11%: di fatto, eravamo già molto digitalizzati. Siamo stati a casa, abbiamo seguito lezioni online, abbiamo lavorato in smart working, certamente, ma la pervasività del digitale era già avvertita. Noi comunicatori, naturalmente, abbiamo assistito alla scomparsa degli eventi live, delle convenzioni, degli stessi CDA, di tutte le riunioni live. E anche la fase 2 ha visto trasferire comunque online i nostri incontri di piccoli gruppi (si pensi alla comunicazione interna).

Cosa cambia però oggi? Ci perdiamo molta parte (non quella informativa) delle relazioni interpersonali, la dimensione dialogica, la relazione interpersonale e tutto quello che non è comunicazione formale.

E ancora, l’accesso al digitale dei clienti è ancora collegata ad un dato anagrafico. Siamo quindi di fronte ad una grande rivoluzione tecnologica? Non credo, siamo solo di fronte ad uno dei suoi passaggi che vede il trasferimento delle relazioni dal live all'online e i clienti vanno educati in questo passaggio.

Tenendo conto della terza parte giocata dall'algoritmo e dalle grandi società ed organizzazioni che di fatto detengono i big data. E non è un gioco alla pari.”

Marta Bertolaso raccoglie gli spunti da me raggruppati che, come moderatrice dell’evento, ho cercato di proporre sotto un elenco di concetti-chiave invitando a seguirla nel suo metodo di indagine, che prevede di procedere per mappe di orientamento.

Indica innanzitutto 2 elementi di contestualizzazione:

1) l'accelerazione impone responsabilità
2) il processo di digitalizzazione NON lo dobbiamo a questa particolare contingenza. Di digitale e di trasformazione si stava discutendo già prima della pandemia e su tutti gli ambiti della società. Su questo si è inserita l’emergenza che ha prodotto una omogeneizzazione/orizzontalizzazione dei processi (dalle famiglie, ai CDA, ai media).

L'emergenza invece ha prodotto:

  • un’enfasi nella domanda e quindi nella risposta;

  • una tendenza a semplificare i nostri framework verso il ritorno alla essenzialità;

  • una verticalizzazione della responsabilità (anche con derive verso autoritarismi per gestire l'emergenza).


Il problema: fino a qui noi credevamo di aver compreso la globalizzazione, mentre ci accorgiamo come stia avvenendo una forzatura verso comportamenti precisi; è importante comprendere che il diverbio: tecnologia ed etica, non poneva il problema sulla tecnologia, ma sull’uomo. Questo è un aspetto che sentiremo “urlare” in questa fase: c'è un gran bisogno di orientamento, di un'Etica non di certo che dica cosa NON si debba fare, ma piuttosto che ci indichi il cammino che vale la pena di intraprendere, di vivere in mondi dove vale la pena di vivere, per evitare uno scenario B, dominato dalle macchine.

Esiste una responsabilità umana, personale e collettiva, di veicolare l'uno o l'altro scenario.

Le 3 dimensioni delle transizioni digitali, ovvero: accelerazione, accessibilità, automazione, sono ora ad un punto di sintesi; non necessariamente quello che è comune, accessibile in comune, è per lo stesso fatto automaticamente "condiviso". Questa è una evidenza che molti CEO hanno riscontrato (per esempio nella recente opportunità che hanno da ultimo avuto, nelle videocall, di parlare con tutti i dipendenti), ma, appena la vita riprenderà secondo la auspicata "normalità", riemergeranno diversi livelli di complessità da gestire.

E qui Marta Bertolaso è convinta che nel convergere lo stato d'emergenza con l'esplosione del digitale nel nostro setting mentale, noi sperimentiamo in modo più ordinario, nel quotidiano, una riflessione sul futuro. La contingenza della vita è reale e appartiene all'uomo che vive in un mondo naturale: questa è la realtà, non torneremo a vivere in una realtà sicura, data, certa e predittiva.

Le domande pertanto che dobbiamo porci sono, ad esempio, quale lavoro umano nel prossimo futuro? 

Questa domanda etica c'era già, nelle aziende, a livello della comunicazione e anche nella loro responsabilità sociale. Ma ora si andrà ad imporre in modo concreto.

Noi oggi NON siamo semplicemente dentro un'epoca di trasformazione, ma dentro ad una Transizione d’epoca: certamente vincolata da una nuova digitalizzazione che con il Covid-19 è semplicemente esplosa. Le aziende, negli ultimi 30 anni hanno già spostato il loro focus dal deliverable alle aspettative; esse avevano già cominciato a vendere aspettative ma ora è il tempo del Purpose, del quale dovranno tener conto.

Nelle circostanze attuali le dinamiche di solidarietà ed altruismo hanno un loro ruolo. C'erano già, ma ora hanno anche i numeri, hanno dietro la scienza. Si può dire che sia stato sdoganato, a livello di comunicazione, l'orizzonte del prendersi cura (caring) come chiave non solo di lettura, ma anche di action plan, di azione per uno sviluppo umano che sia anche sostenibile.

Nella comunicazione pertanto tornano i valori di sempre: coerenza, trasparenza, importanza delle narrazioni, fiducia nel lavoro dei giornalisti e della informazione professionale che non potrà essere sostituita da un algoritmo. Anzi. Proprio la grande immissione di dati accresce il ruolo di chi sa porre le domande giuste per permettere la lettura critica della realtà almeno a chi la cerca.

Cambiare punto di vista davanti alla realtà è una capacità che la macchina non possiede, perché è una operazione non computabile. È una capacità ancora saldamente in capo all'uomo.

E questo, per Bertolaso, è il "bello della diretta”: comunicazione - educazione - sanità come fronti che hanno la possibilità di costruire un mondo che si muova lungo i binari di:

1) reciprocità
2) cura
3) solidarietà.

È il bello di questa nuova epoca, da non perdere: c'è molta "vita" in gioco, bisogna facilitare chi voglia creare alternative ad uno scenario di entropia che potrebbe, invece, portare al caos.

Tra gli interventi dal pubblico targato FERPI quello di Luisa Crisigiovanni, socia da oltre 20 anni che lavora per Altroconsumo. I contenuti in questa era digitale non paiono a lei gli stessi di prima: sono più brevi, meglio organizzati, e le nuove modalità di incontrarsi non incidono negativamente sulla prossimità.

Quindi, per Luisa, da un problema nasce un’opportunità, quella di una digitalizzazione che ci consenta non solo di essere più trasversali, ma anche, per la sua esperienza, più 'prossimi'. 

Una parola chiave fornita da Luisa è CO-CREAZIONE: per aprirsi il più possibile alla interattività e al dialogo.

Ma il dopoguerra ha potuto ricostruire. Come possiamo noi oggi ricostruire l'intangibile? Come comunicatori e relatori pubblici ci preoccupiamo essenzialmente di cose intangibili. Le macerie intangibili come possono essere ricostruite? Chiede Vincenzo Manfredi.

Marta Bertolaso cita Heidegger: "solo se sapremo abitare sapremo ricostruire". Noi non siamo in un’era post-bellica e la risposta sta nella dimensione squisitamente umana del desiderio e della creatività: quella dimensione tutta umana che è la capacità di desiderare e di intravedere - con creatività - uno scenario altro da condividere insieme. È quella capacità che permette la costruzione della Polis, della community.

Puntare quindi su:

  • tornare ad investire sulla domanda di senso dell'uomo

  • capacità di desiderare, di creare una dimensione dell’umano

  • assunzione di responsabilità su quello che diciamo VS quello che non diciamo


L'uomo può scomparire se non fa l'uomo. Deve investire su alti livelli di valore.

Fabrizio Vignati ricorda le parole di Luciano Floridi: "L'AI è un fenomeno di successo perché gli stiamo costruendo attorno un mondo per farla funzionare con successo".

Bisogna ripensare il ruolo uomo-macchina senza delegare il pallino della decisione e quello della strategia, creando invece interfacce tra uomo e macchine. Un umanesimo tecnologico.

Ed è d'accordo Marta Bertolaso, restituire all'uomo la parte "costruens", che è quella che manca.

E per i comunicatori? Catalizzare l'attenzione sui processi giusti. 

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