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Una visione "agli antipodi" su diversità e rp

31/05/2005

Dall'Australia alcune riflessioni di Renato Ravenna in forma di lettera a Toni Muzi Falconi. Ecco perché - scrive il nostro collega - la diversità è importante anche per un comunicatore italiano.

Renato Ravenna, comunicatore in Italia per oltre 15 anni, decide di trasferirsi in Australia sicuro che la sua professionalità potrà essere apprezzata. Ora torna in Italia per partecipare come relatore (ultima sessione parallela) al Festival di Trieste. Ecco la sua esperienza.(tmf)Caro Toni,l'altro giorno, durante il nostro incontro, mi hai fatto notare come alcuni comunicatori italiani abbiano difficoltà a capire il tema della diversità, a cui quest'anno è dedicato il secondo World PR Festival a Trieste.Tu conosci il mio interesse per questo tema e il modo in cui si è sviluppato in questi anni. L'esperienza australiana che ti ho raccontato può essere una sorta di case history per vedere le cose da un'altra prospettiva. Spero che il condividerla con tutti possa portare a capire meglio una delle tante facce della diversità.Per motivazioni personali e desiderio di cambiamento, nel 2000 mi sono trasferito a Melbourne in Australia, dopo aver lavorato con soddisfazione e riconoscimenti nel campo della comunicazione in Italia per oltre 15 anni.Il "piano" iniziale era quello di ricostruire una situazione lavorativa simile a quella che avevo in Italia. Negli ultimi 3 anni, prima di partire, avevo lavorato anche con una realtà americana ed Australiana e pensavo che questa esperienza fosse sufficiente per inserirmi nel mercato delle PR in Australia.L'analisi era semplice. L'Italia è un Paese complesso, ricco di storia, con 55 milioni di abitanti, più di 15 quotidiani e 7 canali televisivi in chiaro. L'Australia è un Paese giovane e meno complesso, con appena 20 milioni di abitanti, 2 quotidiani nazionali e 5 canali televisivi in chiaro. Il risultato dell'analisi era una supposizione: che l'esperienza di aver gestito situazione complesse dovesse essere d'interesse per coloro che operavano nel campo della comunicazione in Australia.Non c'è voluto molto tempo per capire che le mie aspettative iniziali erano decisamente ambiziose. L'esperienza lavorativa italiana (o europea) era interessante ma mancava l'esperienza locale. Quest'ultima non è acquisibile senza un corso di laurea in comunicazione (e nel mio caso, addirittura un Master).Così a 36 anni mi sono rimesso sui libri per completare un Master in Comunicazione, imparando cose nuove che non avevo mai visto fare in Italia.Frequentando il Master ho conosciuto altri comunicatori che studiavo a Melbourne come studenti internazionali che si sono trovati nella mia stessa situazione. Alcuni sono tornati a casa, rinunciando così a provare ad inserirsi professionalmente nel mercato australiano delle RP; altri, invece, continuano a provare.Nel mio caso le cose sono cambiate. Oggi lavoro come freelance e sono impegnato nel campo accademico studiando come sia possibile ridurre i tempi di attesa e facilitare il passaggio professionale in casi come il mio. Rimane comunque il fatto che ricominciare daccapo la professione di comunicatore in un Paese diverso da quello di origine senza riferimenti è decisamente complicato.Fin qui la mia storia. Vorrei, adesso, offrire alcuni suggerimenti per coloro che lavorano nel campo della comunicazione in Italia, e per coloro che stanno studiando comunicazione nelle Università.Per gli operatori della comunicazione. Non pensate che diversità significhi solo Nord e Sud, ricchi e poveri. Oggi, questo è un Paese di immigrazione. Gli immigrati hanno bisogno di uno sforzo di comunicazione da parte vostra e vanno considerati una opportunità per produrre campagne di comunicazione "diverse". Ossia per rivolgersi, nel modo appropriato a soggetti differenti da quelli con cui voi comunicate usualmente. Al tempo stesso pensate che possono esserci giovani immigrati che hanno un'esperienza in comunicazione e che stanno studiando in questo Paese. Se bussano alla vostra porta fateli entrare e prendeteli con voi. Se non lo fanno, cercateli. Sono un asset!Per gli studenti di comunicazione. Per far sì che siate pronti per un mercato globale della comunicazione cercate di studiare in inglese. Più sarete in grado di comunicare in inglese più si apriranno per voi le porte della comunicazione dovunque vogliate.Ci vediamo a Trieste.Renato Ravenna 
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