Ferpi > News > Università e RP: come, dove, perché

Università e RP: come, dove, perché

01/02/2005

Un articolo di Marco Bardus.

RaccontAteneoUniversi(tà) di comunicazioneCome, dove, perché migliorare l'insegnamento delle RP e della comunicazione nei corsi di laurea italiani. Quasi 60 facoltà in tutta Italia e circa 100 corsi di laurea, master e specializzazione costellano il firmamento delle università pubbliche italiane in cui si insegnano le Relazioni Pubbliche e le Scienze della Comunicazione, senza contare la realtà degli istituti privati (circa una quarantina).Questi dati rappresentano la realtà italiana nel suo insieme secondo il censimento delle università realizzato dal Centro Studi Cogno e Associati e proposto su questo sito l'anno scorso.Questi sono solo numeri, ma "come funzionano" le varie università? Quali sono buone, quali invece presentano lacune, problematiche? Con l'introduzione del nuovo ordinamento negli atenei – avvenuto in media poco più di quattro anni fa –, le cose sono cambiate notevolmente, sia dal punto di vista dell'insegnamento (anche prima dell'immatricolazione), sia dal punto di vista delle prospettive lavorative (dopo la laurea breve e dopo la laurea magistrale).Il dato di fatto è che il mondo dell'università è cambiato!I vari atenei promettono – statistiche alla mano – che i loro laureati sono "i migliori d'Italia", e che trovano lavoro dopo pochissimo tempo.Volendo fare qualche esempio, sul sito di AlmaLaurea (www.almalaurea.it) si trovano i dati sulla percentuale di laureati che trova lavoro di una decina di università italiane. Riporto l'esempio della facoltà di cui faccio parte: Lingue e letterature straniere dell'Università di Udine.
dopo    -  intervistati  - lavorano     -  proseguono la formazione1 anno      60              78,3%             10,0%3 anni       42              83,3%    5 anni       33              84,8%  
Rosee prospettive, se dopo tre anni l'84,8 % degli studenti trova lavoro, non vi pare?Lasciando da parte considerazioni "tecniche" (sul metodo di selezione e sulla significatività del campione, sulla definizione degli indici di fiducia dei dati, ecc.), sorgono però alcune domande: dove tutti questi laureati hanno trovato lavoro? E, in secondo luogo: sono soddisfatti della propria occupazione? In altre parole, la laurea breve immette sul mercato nuovi efficienti e consapevoli professionisti o solo vagonate di disoccupati o "idiots savants"?L'università è formativa o solo industria performante?Parliamone! Cosa ne pensate?Marco Bardus
Eventi