Ferpi > News > Uno stimolo di Piero Ostellino e la resistenza alla innovazione: e per i comunicatori delle organizz

Uno stimolo di Piero Ostellino e la resistenza alla innovazione: e per i comunicatori delle organizz

19/07/2005

Un commento di Toni Muzi Falconi e un invito al dibattito.

Dal Corriere della Sera del 16 Luglio, uno dei più autorevoli giornalisti italiani, Piero Ostellino, ha lanciato un messaggio ai suoi colleghi ma anche a tutti coloro - come siamo noi relatori pubblici - che passano una parte rilevante del loro tempo professionale a sviluppare relazioni con il sistema italiano dei media e i loro protagonisti.Ostellino esplicita l'impressione che 'aumentino sia la disaffezione del lettore di cultura medio-alta sia il disinteresse di quello di cultura medio-bassa', così il primo scappa verso quotidiani di lingua inglese e Internet, mentre il secondo si accontenta dell'informazione televisiva e ricorre alla free-press.'In buona sostanza' dice Ostellino 'invece di fornire al lettore un fondamento etico-politico dell'esistente e uno strumento critico per cambiarlo, ci limiteremmo a essere noi stessi (i grandi quotidiani nazionali di informazione ndr) la fotografia di un Paese conservatore e in crisi che non sa più che cosa è, che cosa vuole e che affronta la Modernità in modo culturalmente disarticolato e frammentato' .Insomma, come direbbe un esperto, una azione di de-marketing.Quali le cause?Per l'autore, la principale è culturale poiché 'riflette una certa diffidenza della corporazione giornalistica e degli stessi editori per l'innovazione, la sperimentazione..'L'opinione si chiude con un invito alla riflessione rivolto ai colleghi.Partendo dalla stesse prospettiva di Ostellino, proviamo ora ad osservare i comportamenti di altri due soggetti assai prossimi agli interlocutori dell'autorevole opinionista del Corriere della Sera: i relatori pubblici e i pubblicitari.Anche loro diffidenti verso l'innovazione?Con qualche breve spunto, vorrei invitare i visitatori di questo sito a esprimere la loro opinione.
1.Da molti anni assistiamo ad una caduta di credibilità del giornalismo. La recente indagine di SWG per Chiappe Revello in occasione del ventesimo compleanno (link ai pezzi già pubblicati) è stata solo l'ultima delle tante certificazioni di questo fenomeno. Indagine interessante poiché intreccia esplicitamente questa caduta di credibilità con la qualità, completezza e verosimiglianza della informazione che i giornali pubblicano grazie alla pervasiva azione distorcente attuata da noi comunicatori delle organizzazioni, oggi indubitabilmente fonte primaria dell'informazione giornalistica.La nostra resistenza alla innovazione si manifesta nella coazione a ripetere. Siccome è sempre andata bene così (non si vorrà negare che il giornalismo italiano sia fra i più compiacenti verso il complesso degli interessi organizzati, privati, pubblici e sociali e il meno attento ai diritti del singolo) tendiamo a non preoccuparci di quel calo di credibilità, senza accorgerci del sostanziale contributo che noi  stessi vi apportiamo, e senza rendere consapevoli i nostri datori di lavoro/clienti (che sono quelli che, più o meno esplicitamente, ci chiedono tale azione distorcente) che quando il sistema dei media non è credibile si minano le stesse basi delle istituzioni democratiche poiché è inevitabile (come in effetti avviene) che la sfiducia nei media produca sfiducia per le organizzazioni di cui gli stessi media raccontano e interpretano le attività.
2.Rispetto ai pubblicitari, che rappresentano l'altra fonte primaria per i giornali (di risorse economiche, non di informazione), la resistenza all'innovazione è altrettanto certificata.Da un lato, assistiamo da anni a un continuo e fastidioso lamento per la caduta degli investimenti (da discutere se solo riparametriamo, come sarebbe ben ora di fare, le convenzioni che hanno fino ad oggi presidiato al loro calcolo).Dall'altro, abbiamo assistito ad una caduta di creatività e di buon gusto (sarà anche vero che oggi i comici popolano gli spot, ma che dire della pagina intera a colori sui quotidiani del 25 Aprile, giorno della Liberazione, in cui un lassativo salutava la Liberazione? Oppure del dilagante sessismo cui non reagisce visibilmente neppure la maggioranza di pubblicitari, che sono donne? O, infine, dell'indifferenza, quando non peggio, della comunità professionale ai tanti messaggi distorti e ingannevoli che producono conseguenze di confusione e di frustrazione nei singoli consumatori?).Soprattutto, notiamo un esplicito divario fra i comportamenti comunicativi reali e la asserita consapevolezza dei più autorevoli e colti che la pubblicità debba (re)inventarsi nuovi paradigmi che la portino verso la comunicazione-con  (oggi possibile assai più di ieri, ma faticosa e impegnativa), indubbiamente più efficace, poiché contribuisce alla crescita del più importante valore intangibile di una organizzazione, che è rappresentato dalla qualità dei suoi sistemi di relazione.Il progressivo passaggio dalla comunicazione-a (solistica, erga omnes, asimettrica, persuasiva, retorica, a una via, push) alla comunicazione-con (dialogica, relazionale, a due vie, tendenzialmente simmetrica, negoziale, pull) è un appuntamento che i pubblicitari non possono più permettersi di rinviare.Piero Ostellino osserva cosa giuste e fa bene a invitare i suoi colleghi a riflettere. Altrettanto sarebbe bene facessimo anche noi comunicatori delle organizzazioni, che siamo l'altra faccia di quella stessa resistenza all'innovazione.La vitalità di un sistema dell'informazione sano, con giornalisti consapevoli delle responsabilità e del peso che hanno sull'interesse pubblico, con editori genuinamente interessati al successo economico delle loro imprese, con pubblicitari e comunicatori sensibili non tanto alla correttezza politica' e alla coazione a ripetere', ma alla sperimentazione e alla innovazione lungo percorsi visibilmente percepibili e comunque socialmente responsabili, ci competono in quanto co-protagonisti di un sistema dei media che, per il futuro del nostro Paese, è sicuramente più importante di quanto lo siano il Parlamento o il Governo.(tmf)Esprimi qui la tua opinione
Eventi