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Contributi previdenziali dei comunicatori, ecco perché diciamo NO all’INPGI

15/02/2019

Redazione

L'iter legislativo non ha cancellato l'emendamento che prevede l’ipotesi di far confluire in INPGI tutti gli operatori della comunicazione. Ferpi dice no alla contribuzione previdenziale obbligatoria dei comunicatori all'INPGI e continua a chiedere un confronto istituzionale per una scelta che segna il futuro di un'intera categoria professionale.

Già in altre occasioni Ferpi ha manifestato pubblicamente la propria perplessità rispetto all’ipotesi di far confluire in INPGI tutti gli operatori della comunicazione, invitando alla mobilitazione e al dibattito la comunità professionale.

A beneficio di tutti, ricordiamo che INPGI, l’istituto di previdenza dei giornalisti, a metà dello scorso anno, aveva lanciato un grido d’allarme: la Cassa versa in gravi difficoltà economiche e finanziarie. I vertici, per tentare di tamponare quella che è oggettivamente una crisi strutturale, propongono quindi di spostare la contribuzione obbligatoria di altre categorie professionali dall’INPS all’INPGI. In un primo momento si parlava (genericamente) di comunicatori, oggi si fa riferimento anche a tutti quei profili tecnici che realizzano siti e piattaforme digitali per la trasmissione di contenuti.

L’ipotesi diventa notizia quando i vertici INPGI iniziano a rilasciare interviste su una proposta legislativa che prevede l’obbligatorietà della contribuzione nelle casse del proprio Istituto di tutti quei lavoratori che, direttamente o indirettamente, si occupano di comunicazione, a prescindere dalla tipologia di contratto.

La notizia alimenta un dibattito controverso. Ferpi interviene per cercare di approfondire la discussione e chiarire alcuni elementi poco chiari. L’iter legislativo subisce molte battute d’arresto, ma purtroppo sembra non sia stato ancora cancellato dall’agenda parlamentare.

Ma quali sarebbero le conseguenze? Che cosa comporterebbe l’applicazione legislativa della contribuzione obbligatoria ad un Istituto di previdenza privata in evidente difficoltà? Quali sono i criteri di definizione ed individuazione delle figure professionali che sarebbero costrette a versare nelle casse dell’INPGI? I comunicatori ne trarrebbero vantaggio? E soprattutto, quali sono i numeri reali del dissesto dell’Istituito previdenziale dei giornalisti?

A prescindere da aspetti tecnici, economici e procedurali sull’incerta fattibilità e sostenibilità di questa proposta, Ferpi rimane estremamente sfavorevole ad un progetto che dovrebbe richiedere una concertazione allargata, e che invece sembra essere un blitz operato da pochi, interessati.

La proposta legislativa sull’obbligatorietà della contribuzione all’INPGI dei non giornalisti comporta necessariamente riflessioni di scenario.

In che modo i vertici dell’INPGI possono garantire che le pensioni dei comunicatori saranno salvaguardate?  La questione – come già ribadito – non può essere circoscritta ad una contribuzione forzata e non condivisa di altre categorie professionali.

Questi sono le considerazioni che ci portano a ripresentare alle Istituzioni e al mondo associativo la nostra proposta di NON portare avanti la proposta INPGI e di aprire un confronto istituzionale con il Governo per valutare con cura e competenza scelte cruciali che riguardano il presente e il futuro della nostra categoria.

Se siete d’accordo o se volete esprimere la vostra preziosa opinione utilizzate l'hashtag #INPGIancheNO.





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