Alessia Omerini
Lo scorso 17 Luglio, la Galleria degli Uffizi di Firenze ha ospitato l’influencer Chiara Ferragni, nella speranza di un rilancio dopo la riapertura post covid-19. L’operazione di marketing ha funzionato, ma il museo fiorentino è stato anche sommerso da numerose polemiche. Questa scelta porterà nuova linfa al mondo dell’arte oppure rischia di snaturare l’esperienza del nostro patrimonio culturale? L’approfondimento di Alessia Omerini.
"La buona arte è quella che ti lascia entrare da tante angolazioni diverse e uscire con tante prospettive diverse." Oggi la Galleria degli Uffizi sembra proprio seguire questo consiglio della giornalista statunitense e vincitrice del Premio Pulitzer Mary Schmich, puntando su una strategia di comunicazione sempre più legata al mondo digitale.
Dopo il lockdown, la Galleria è infatti diventata un vero e proprio protagonista dei social, classificandosi come il museo più seguito in Italia e il tredicesimo in Europa. Inoltre, grazie a brevi video incentrati sui suoi capolavori, caratterizzati da un taglio scherzoso e ironico, gli Uffizi sono anche il museo d’arte con più followers sulla piattaforma cinese Tik Tok. Non c’è quindi da stupirsi se il direttore stesso del museo, Eike Schmidt, abbia deciso di ospitare e fare da guida all’influencer Chiara Ferragni.
L'itinerario culturale compiuto dall’imprenditrice digitale non si è fermato alla sola Toscana: nei giorni precedenti aveva realizzato una visita privata alla Cappella Sistina e ai Musei Vaticani a Roma, per poi spostarsi in Puglia, scoprendo il Museo Archeologico di Taranto e la Basilica di Santa Caterina D’Alessandria a Galatina.
Ma Chiara Ferragni non è di certo la sola a celebrare le bellezze delle gallerie d’arte: tra i casi più famosi troviamo il cantante Mahmood, protagonista del videoclip del suo singolo “Dorado”, girato in parte nella “Galleria dei Re” del Museo Egizio di Torino, ed i videomaker napoletani “The Jackal”, che qualche anno fa realizzarono dei contenuti digitali ad hoc per il Museo Archeologico di Napoli.
Nel mondo della comunicazione e delle aziende, usare persone influenti per aumentare la visibilità e l’awareness attorno al proprio brand è ormai un piano strategico ben consolidato. Anche i musei si stanno adeguando a questo trend, sfruttando sempre di più gli influencer per la promozione del patrimonio artistico e culturale, trasformando lo stesso concetto di marketing museale.
Avvicinare l’offerta alle esigenze culturali dei propri visitatori, sviluppare iniziative di coinvolgimento per la fruizione dei contenuti, sfruttare le nuove tecnologie per creare esperienze mirate e targettizzate: è questa la risposta che i musei devono mettere in atto per sopravvivere alle sfide della contemporaneità, che mettono al centro comunicazione, divulgazione e coinvolgimento del visitatore stesso. Le scelte strategiche per migliorare l’esperienza dell’utente sono infatti molteplici: percorsi ed allestimenti interattivi, tour guidati, eventi culturali speciali, progetti educativi, reporting fotografico efficace, coinvolgimento delle realtà locali e commerciali come partner.
Un approccio che però non piace a molti “puristi dell’arte”. Le scelte comunicative degli Uffizi, ad esempio, sono state ritenute da molti troppo commerciali. La visita della Ferragni ha scatenato una grande polemica social, spaccando il web in due fazioni. Da un lato, c’è chi ha dato battaglia per difendere l’arte dal pericolo del marketing. Una disciplina troppo economica, che non può e non deve contaminare la cosiddetta “cultura legittima” (definita da Bourdieu), tanto cara ai critici e agli intellettuali.
Dall’altro abbiamo invece chi ne ha elogiato i risultati. I numeri raggiunti infatti sono dalla parte dell’imprenditrice e del direttore: 9312 visitatori accorsi in Galleria nel weekend (+24%), boom di giovani (+27%) e Uffizi trend topic su Instagram e Twitter. Un ottimo punto di partenza per poter instaurare nel tempo un rapporto forte e duraturo tra museo, arte e visitatore.
Non sappiamo se questi traguardi siano stati raggiunti esclusivamente grazie all’operazione Ferragni, ma quel che è certo è che l’influencer marketing, se realizzato in maniera intelligente, può portare enorme beneficio al patrimonio italiano, troppo spesso dato per scontato.