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Pentagono-Iraq: la guerra dell'informazione

26/04/2007

I vertici dell'esercito americano cercano di unire il lavoro dei servizi di comunicazione e propaganda.

Lo rende noto il Los Angeles Time in un recente servizio. Dalla fine della guerra del Vietnam, i funzionari dei public affairs dell'esercito U.S.A. hanno provato a ricostruire la credibilità del Dipartimento della Difesa prendendo le distanze dagli sforzi del Pentagono che usa inganno, propaganda e altri metodi per influenzare le popolazioni straniere.
Nel 2004 il generale Richard B. Myers, in un suo memo, codificò la separazione tra public affairs, incaricati della comunicazione con stampa e pubblico, e information operations, cui spetta la propaganda che cerca con vari mezzi di influenzare le popolazioni locali attraverso operazioni di vario livello simili al marketing pubblicitario (dalle psyop, le operazione psicologiche militari, ai trucchi già usati nell'antichità a partire da Alessandro Magno che disseminava enormi corazze lungo il percorso delle truppe in ritirata, per far credere al nemico che i suoi soldati fossero dei giganti).
Ora, invece, il generale David H. Petraeus, comandante in capo in Iraq, ha richiesto che i due rami dell'informazione lavorino a stretto contatto. La sua richiesta ha provocato un dibattito interno al Pentagono tra quelli che sostengono che questa separazione ha reso il Dipartimento della Difesa meno agile e quelli che pensano che ristrutturare questa relazione rischi di far finire i portavoce dell'esercito tra gli strumenti della propaganda con una conseguente perdita di credibilità.
Attualmente molte brigate dell'esercito U.S.A. in Iraq hanno uffici di public affairs e information operations già contigui e molti sostengono che debbano lavorare ad uno stesso piano strategico. E se la buona fede del generale Petraeus non sembra essere messa in discussione, c'è chi esprime timori sull'uso che di un tale coordinamento potrebbero fare altri comandanti. Il Pentagono per ora comunica che il memo del 2004 non dovrebbe essere revocato ma non interpreta nemmeno il suo contenuto come una proibizione al coordinamento del lavoro tra i due settori dell'esercito.
N.C.
 
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