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Professionisti & Organizzazione - Dal concetto di Studio professionale a quello di Organizzazione

03/04/2014

Ridurre i costi o condividere gli spazi può essere utile ma non può bastare. Per uscire dalla crisi è necessario ripensare il modello organizzativo dello studio professionale perché non rimanga tal quale, ma diventi sempre meno “Studio” e sempre più “Organizzazione”. Lo sostiene _Laura Calciolari_ nella seconda riflessione della rubrica _Professionisti & Organizzazione._

di Laura Calciolari (1)
Molti professionisti, si sa, portano nella borsa da lavoro e nel loro standing, sia fisico che intellettuale, l’ingombrante retaggio di una tradizione conservatrice bimillenaria.
Conosciamo tutti quali siano le abitudini di lavoro che ancora oggi rendono difficile il superamento di quei codici relazionali e sociali che ritardano e appesantiscono il passaggio a schemi diversi e ad una riorganizzazione degli studi professionali.
La maggiore consapevolezza, da parte di tutti, che non siamo in un periodo di crisi, bensì di discontinuità -dove tutto quello che aveva funzionato finora adesso non funziona più – da sola non è sufficiente per supplire alla necessità di acquisire preparazione e lungimiranza tali da riuscire a individuare nuovi strumenti e azioni, oppure a delegare questo compito a terzi estranei allo studio professionale.
Per quanto riguarda le professioni, se le consideriamo dal mero punto di vista del contenuto professionale da erogare, non è cambiato molto negli ultimi vent’anni, ma se le rapportiamo alle fonti che alimentano le conoscenze e gli adempimenti, stiamo assistendo ad un incremento esponenziale, incontrollabile e imprevedibile che, di fatto, impedisce una pianificazione tradizionale e impone una pianificazione rolling annuale su base trimestrale.
Per cercare di arginare l’erosione dei profitti, molti professionisti hanno ridotto le superfici dei loro studi, hanno cercato colleghi con i quali dividere le spese, si sono associati, hanno fatto pubblicità, hanno provato a fare marketing e si sono avventurati nel web: si sono adoperati in mille modi per contrastare il calo di fatturato. Tutte cose scontate, che fanno parte delle tecniche che potevano dare risultati “prima” ma che ora non danno più quei frutti pianificati a tavolino.
La “crisi” economica per la maggior parte delle professioni, soprattutto quelle tradizionali, è cominciata con la diffusione di internet ed il conseguente uso dei motori di ricerca, che hanno profondamente modificato il comportamento di clienti e potenziali clienti: l’accesso rapido alla conoscenza, la possibilità di fare confronti e di ottenere referenze sugli studi professionali anche da sconosciuti.
Mentre il Cliente progrediva, navigava, faceva analisi comparativa, si documentava su finanza, tecnologie digitali e si metteva in rete, la maggior parte dei professionisti non riusciva a tenere il passo.
E non si tratta solo di questo, perché contemporaneamente sono cambiati i parametri della comunicazione che si è evoluta più rapidamente dei canali e delle tecnologie che la supportano.
Questo discrimine, questa asimmetria comunicativa, sia nei supporti che nei contenuti, ha aumentato la distanza tra il Cliente ed il professionista, accentuando non solo le diversità semantiche e cognitive, ma soprattutto la difficoltà di ascolto e comprensione dei bisogni e delle aspettative del Cliente da parte del professionista.
Da parte dei professionisti non si tratta di negligenza o della volontà di rifarsi a modelli del passato, ma dell’impossibilità di capire e comunicare ciò di cui non si ha esperienza pratica, e dove il fattore tempo gioca sempre un ruolo dominante.
Il cliente vuole le informazioni subito, non accetta i ritardi, gli pare incomprensibile e talvolta inaccettabile, il fatto di non poter accedere direttamente da remoto (e in qualsiasi momento) ai propri dati custoditi dal professionista.
Alla fine il vero problema non è ridurre i costi o condividere gli spazi con i propri pari, ma ripensare il modello organizzativo dello studio professionale perché non rimanga tal quale, ma diventi sempre meno “Studio” e sempre più “Organizzazione”, quindi non più solo calcoli finanziari ma soprattutto allocazione dell’unica risorsa non rinnovabile: il tempo.
Riguardo ai costi e al tempo ci sono molte distorsioni percettive, e una di queste è la convinzione di poter ridurre i costi utilizzando risorse digitali gratuite (fai-da-te) mentre, in realtà, si tratta di un vero e proprio inganno, perché il “gratuito” ha comunque un prezzo: il tempo da dedicare per farlo funzionare e usarlo.
Superare gradualmente le caratteristiche che si sono rivelate penalizzanti per lo Studio e pianificare con cura la metamorfosi in Organizzazione, sarà possibile attribuire al tempo il suo valore reale, con la conseguente necessità di attrarre nuovi profili professionali da inserire nella propria Organizzazione, delegando vecchi e nuovi compiti e responsabilità.
Tutto questo però dovrebbe essere solo propedeutico per realizzare la condivisione della conoscenza, unico vero strumento in grado di dare nuova vitalità, slancio e sviluppo alle attività degli studi professionali.
(1) Laura Calciolari è autore del volume L’Organizzazione per gli Studi Professionali, del gruppo di lavoro Ferpi – Comunicare le professioni intellettuali.

Gli articoli precedenti:
Organizzazione è relazione di Roberta Zarpellon
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