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"Pubblicità globale, il traino sarà cinese". Le previsioni per il futuro di Martin Sorrell

28/08/2008

Su Il Sole 24 Ore l’ intervista al Presidente del colosso mondiale WPP Group, intervenuto al Meeting di Rimini 2008 nell'incontro proposto in collaborazione con FERPI.

di Giuliano Balestreri


Sir Martin Sorrell, 63 anni compiuti il giorno di San Valentino, non ha dubbi: «La Cina è il presente, basta pensare che sia sempre il futuro. Sono tredici anni che investiamo nel Paese». Domenica sera il guru della pubblicità, presidente e fondatore di Wpp, è tornato «entusiasta» dalle Olimpiadi di Pechino. Parole d’ammirazione anche per l’Italia: «Qui ci sono talenti enormi, ma manca ancora la capacità di fare sistema».


La miglior notizia della giornata di Sorrell è arrivata mentre al meeting di Comunione e Liberazione a Rimini il manager partecipava a un dibattito con il Presidente di Ferpi Gianluca Comin: i tedeschi di Gfk hanno annunciato il loro ritiro dalla gara per l’acquisizione di Tns, la società di ricerche di mercato sulla quale Wpp aveva messo gli occhi da tempo per continuare la propria strategia di diversificazione e crescita per linee esterne. Un’operazione che una volta conclusa spingerebbe ulteriormente i conti del gruppo dopo che nel primo semestre la società ha registrato un aumento del 14,5% dell’utile netto a 208,2 milioni di sterline, con un fatturato in crescita del 14,3% a miliardi.


D. Gfk ha annunciato il ritiro, eppure Tns continua a respingere la vostra offerta da 1,3 miliardi di euro. Come si chiuderà la vicenda?


R. Dipende solo dagli azionisti, ma è chiaro che adesso qualcosa si deve muovere, così come è evidente che il mercato scommetta sulla nostra acquisizione. Noi offriamo 268 pence per azione, 2/3 in contati e 1/3 in titoli Wpp che valgono circa 270 pence. Oggi (ieri per chi legge ndr.) Tns è scesa a 265 pence, tornando a sconto rispetto alla nostra offerta. Sono comunque fiducioso.


D. Lei è appena tornato dalle Olimpiadi, un banco di prova fondamentale per la Cina. Come ha risposto il Paese a quanti vogliono investire in Oriente?


R. Sono stati dei Giochi fantastici. La cerimonia d’apertura è stata incredibile: 24mila persone che si muovevano a tempo, mi hanno ricordato l’esercito di terracotta di Xi’an. Non riesco a immaginare un’organizzazione del genere in nessun altro Paese. Chiunque avesse avuto dei dubbi sulle Olimpiadi di Pechino si è dovuto ricredere. Certo, c’è ancora molto da fare sul fronte dei diritti umani, ma il futuro della Cina sarà sempre più radioso: già oggi è il secondo mercato dopo gli Stati Uniti. E sarà sempre più importante per chi lavora nel settore della pubblicità e della comunicazione.


D. Non c’è il rischio che le aspettative di una grande crescita vengano disattese per la caduta dei mercati?


R. Non credo. Pechino è già oggi una realtà. Con Wpp siamo arrivati in Cina nel 1995 e oggi abbiamo 9mila collaboratori, ma soprattutto ci troviamo di fronte a quello che per fatturato è diventato il nostro quarto mercato alle spalle di Stati Uniti, Gran Bretagna e Spagna. In Cina abbiamo un giro d’affari di 6oo milioni d euro, in Italia siamo a circa 40( milioni. L’obiettivo è portare l’Asia a un terzo dei nostri ricavi. Non dimentichiamo che anche( l’India sta accelerando e per noi vale 350 milioni).


D. Basterà per impedire il temuto crollo degli investimenti pubblicitari nel 2009?


R. Gli investimenti non crolleranno, ma certo rallenteranno così come l’economia, non credo però che andremo incontro a una recessione. Chiaro che la flessione degli Stati Uniti e dell’Europa Occidentale si farà sentire anche a oriente, ma soprattutto nel nostro settore la crescita continuerà a due cifre: in Cina la progressione del comparto è il doppio del Pil. Ci sono ancora 700 milioni di contadini che si stanno progressivamente urbanizzando, non sono ancora brandizzati e sono l’obiettivo di tantissime marche. Rispetto ai maturi mercati occidentali, dove da anni gli investimenti sono stabili, l’Asia è un’ottima valvola si sfogo.


D. La crisi finanziaria e di consumi che stiamo attraversando lascerà pesanti eredità future?


R. Temo che gli effetti futuri potrebbero essere peggiori degli attuali. La corsa delle materie prime ha colpito tutti, in maniera diretta o indiretta: i prezzi crescono, ma gli stipendi restano fermi e la gente si sente più povera. E non è ancora finito il terremoto dei mutui subprime americani: chiunque sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti dovrà risanare i conti e le strade sono due o si taglia la spesa pubblica oppure si alzano le tasse. L’effetto non sarà comunque positivo.


D. I quadro non sembra certo positivo. Quando si vedranno i primi segnali di ripresa?


R. Il 2009 sarà difficile, inutile negarlo, ma credo che la ripresa partirà dalla seconda metà dall’anno, almeno per quanto riguarda i mercati. Per l’economia reale bisognerà aspettare il 2010 quando si tornerà a investire. Ci sono almeno quattro grandi eventi: i mondiali di calcio in Sud Africa, le Olimpiadi invernali di Vancouver, l’Expo di Shanghai e le elezioni di metà mandato per il Congresso americano. Sono appuntamenti che daranno fiducia e spingeranno la spesa in pubblicità.


D. Insomma sembra che lo sport siamo un ottimo driver per il settore pubblicitario, eppure la Lega Calcio fatica a vendere i diritti televisivi in chiaro. Come mai?


R. I grandi player pubblicitari,così come gli sponsor, continuano a investire in maniera massiccia sugli eventi sportivi in diretta e sui programmi a pagamento. Gli highlight, però, sono effettivamente meno attraenti: si conoscono già i risultati delle partite, difficile pianificare grandi investimenti.


D. E d’altra parte il mondo dell’advertising è cambiato molto negli ultimi anni, soprattutto con internet. I media tradizionali sopravvivranno?


R. Internet è stata una vera rivoluzione, ma resta difficile da interare con gli altri mezzi. Il futuro però sarà molto difficile per chi punterà su un solo, strumento in un solo Paese. Mediaset su questo fronte si sta comportando molto bene: investe all’estero e diversifica, basta guardare all’acquisizione di Endemol. Anche i giornali devono cambiare, ma difficilmente saranno redditizi come in passato. Chi non ha il coraggio di cambiare e di investire fa bene ad avere paura.


tratto da Il Sole 24 Ore del 28 agosto 2008
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