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Rp Lab – Tutti siamo personaggi

15/02/2012

Per un'azienda è molto facile crearsi uno spazio sui social media ma lo è altrettanto riempirla di contenuti e gestirla? Oggi l'aspetto "umano" nelle relazioni con i pubblici è ineludibile come racconta _Gabriele Cazzulini_ nella rubrica _Rp Lab_ di questa settimana.

di Gabriele Cazzulini
Relazioni Pubbliche è un termine sintetico e diplomatico che copre un complesso polverone di intricate relazioni tra nugoli di pubblici, media, istituzioni, prodotti e produttori. Fin qui è ordinaria emergenza. Le cose si complicano quando, complice il sempre nuovo web, i soggetti delle relazioni pubbliche assumono una fisionomia sempre più confusa.
Abbiamo già letto e riletto, ogni giorno, sulle trasformazioni dei media nell’epoca del social web e soprattutto sugli effetti per le relazioni pubbliche quando i comunicati stampa diventano un utensile comunicativo del passato rispetto a tweet e messaggi di stato sui social network.
Adesso emerge una nuova tendenza, sempre radicata in questo ambiente fluido. L’esempio lampante è Tim Cook. E’ l’attuale Ceo di Apple. Ma all’inizio era un illustre sconosciuto, se non per il fatto che era il successore di Steve Jobs. Come insegna il Vaticano, gran maestro in fatto di leadership, due personalità carismatiche difficilmente convivono una dopo l’altra. Si vede benissimo nel confronto tra il papato di Giovanni Paolo II e l’attuale papato di Benedetto XVI. Ma in ambito aziendale, questa legge non vale più.
Infatti oggi Tim Cook ha dimostrato di essere un ottimo timoniere di Apple e non solo l’ombra che insegue il cadavere di Jobs. Un dato su tutti: nell’ultimo trimestre 2011, Apple ha raggiunto il 75% dei suoi profitti con le vendite di smartphone – avendo una quota di mercato globale di solo il 9%. Questo non è solo l’effetto del mito di Steve Jobs. E’ anche il talento vivo di Tim Cook. Non a caso, il keynote speech del Ceo di Apple rivolto al Goldman Sachs Technology and Internet Conference sta già circolando in rete come un discorso da “milestone”, una pietra miliare di cui si analizzano e si ripetono i passaggi fondamentali.
Ora, tutto questo preambolo serve a rimarcare un fenomeno di grande rilievo: la leadership di punta, soprattutto a questi altissimi livelli, tende a debordare dai suoi confini “istituzionali”: da Zuckerberg a Cook, il web, ma non solo, sta producendo leader non solo aziendali. Sono moderni pensatori, quasi maestri di pensiero, spesso considerati geniali innovatori che cambiano le regole del gioco per tutto il mondo. Magari lo fanno casualmente, come i ragazzi di Instagram. Ma qui tutto sembra nascere nel caso – o nel caos, il tipico pseudonimo che Dio usa quando vuole restare dietro le quinte.
Dio a parte, questo felice caos creatore diventa un grandissimo problema per chi deve gestire le relazioni pubbliche di questi personaggi. Sì, personaggio, vip, divo, celebrity, sono termini interessanti. La differenza tra Lady Gaga che inventa il suo social network e il creativo di Samsung si accorcia. Qual è il pubblico di questi personaggi? Come gestire le loro comunicazioni professionali, personali, aziendali – quando Tim Cook manda un’email diretta ai 63000 dipendenti di Apple in tutto il mondo per sottolineare che la cura dei lavoratori, vedi Foxconn, è un’applicazione fissa di Apple?
Siamo troppo in alto? Anche a scendere nella scala di grandezza e importanza, i problemi non si risolvono da soli. Nella logica del web, che pretende conversazioni, personalità, valori, ascolto, anche dalla piccola o media impresa, creare circuiti virtuosi di relazioni pubbliche diventa impegnativo e soprattutto diventa un’attività estesa al di là del marchio, del prodotto e dell’assistenza ai clienti. E’ tanto facile aprire un account su Twitter o una pagina su Facebook. Ma come si fa a non lasciarla vuota?
Presentare un prodotto, lanciare una campagna pubblicitaria, organizzare un evento pubblico sono tutte operazioni che nascono subito fuori dal loro stretto ambito, perchè invadono la socialità, la curiosità, l’attenzione di un pubblico imprevedibile. E’ come essere dentro un fascio di luce: tutti ti vedono, ma tu non vedi niente. Ricevi input e feedback, ma non puoi programmare, nè prevedere da chi e quando succederà. Navighiamo a vista in un mare pacifico di anarchia comunicativa e sociale.
Ormai tutti, grandi e piccoli, siamo risucchiati in questo sistema. Che non è poi così diverso, a ben vedere, rispetto alle chiacchiere sul più e sul meno che i vecchi bottegai di un tempo intrattenevano, volenti o nolenti, con i clienti più assidui o semplicemente con i clienti che cercavano un contatto più umano e meno commerciale.
Ecco, oggi l’umanità nel governare le relazioni pubbliche non è più una piacevole eccezione. E’ un imperativo.Trasgredirlo significa mettersi nell’angolo, perchè l’orario di apertura del negozio o dell’impresa non ha più limiti. Nè per Apple, nè per la cooperativa che vende mele, quelle vere.

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Primarie USA: quando la tv è un’arma letale
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Gamification, quando il marketing è un gioco
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