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Se il grande comunicatore confessa la sua paura

03/10/2011

_Barack Obama,_ il primo presidente nero della storia degli Stati Uniti, colui che ha raggiunto la Casa Bianca anche grazie ad un utilizzo intelligente dei social media, è ai minimi storici di popolarità. E vede sempre più lontana la possibilità di una sua rielezione. Ma è Obama che perde consensi o è la politica che non è più credibile? L’analisi di _Francesco Pira._

di Francesco Pira
“La mia rielezione sarà dura: l’economia sta uscendo da una recessione mondiale, la gente ha perso fiducia”.
Barack Obama condannato dai sondaggi ma ancora amato da una parte degli americani (e non solo, ci sono anche molti europei) che abitano il web. Questa è la prima cosa strana. La seconda è che alla fine non si capisce se è Obama che perde consensi o se è la politica in genere che non è più credibile e lontana dalla gente. Un sogno che svanisce? Un grande comunicatore che non trova più la strada per raggiungere i suoi elettori o come dicevano i latini dat veniam corvis, vexat censura columbas (indulgente con i corvi e si accanisce contro le colombe).
Massimo Gaggi sul Corriere ha fatto notare che Obama “Il Presidente vede ciò che vedono tutti: il Paese s’impoverisce, crescono i disoccupati. I giorni dell’adulazione sono ormai un ricordo lontano, la sua popolarità è ai minimi nonostante i successi nella lotta al terrorismo. I sondaggi lo danno in leggero svantaggio in un ipotetico confronto per la Casa Bianca tra lui e Mitt Romney”.
E la cosa che appare strana, a noi che lo abbiamo seguito per due anni in tutta la sua ascesa, è che le nuove tecnologie sembrano non influire su quanto sta facendo e impedire la grande perdita di consensi. Certo non crediamo che lui non applichi su se stesso lo slogan della campagna elettorale Hope we can believe in (una speranza in cui possiamo credere).
Ma è paradossale come giornali e tv gli stiano facendo perdere quei consensi sudati sulla rete. Obama sta provando a girare gli Stati Uniti per giustificare le sue scelte, per farle vivere ai cittadini americani. Le spiega anche attraverso le nuove tecnologie dove il rapporto bidirezionale con i suoi elettori rimane forte.
Come mai i bravi collaboratori del grande comunicatore non hanno pensato ad una strategia integrata per mantenere i consensi sulla rete e cercare un recupero anche minimo nei sondaggi, i cui risultati sono figli di quello che scrivono i giornali o dicono le televisioni? E perché Obama che ha vinto le primarie nei Democratici e le elezioni presidenziali grazie alla comunicazione non governa più il processo? Perché non lo dirige e lo vive bene quotidianamente come prima?
Di sicuro perché governare significa scegliere ma anche perché la verità e che la politica in tutte le parti del mondo sembra lontana dalle esigenze della gente. Tutti si aspettano i miracoli, risposte immediate. Ma a volte i processi sono lunghi e la burocrazia può fermare ogni forma di buon governo e persino di buona volontà.
Avverte Gaggi:”Il suo problema adesso è quello di ricostruire la macchina da guerra che dette le ali alla sua vittoria del 2008. Centinaia di migliaia di volontari, molti dicono più di un milione. Dopo l’elezione il presidente ha cercato di tenerli insieme: delusione e scoramento hanno prevalso tra ragazzi che, illusi dalle promesse di cambiamento hanno visto il loro presidente arretrare di continuo alla ricerca di compromessi coi repubblicani, prigioniero di quella Washington politica che aveva giurato di rivoltare”.
Obama non ha più tanto tempo per recuperare. Il primo presidente nero però ha una sola strada: riparlare con quella gente che ha creduto in lui; convincerla, usando tutti i mezzi di seduzione che lo hanno fatto trionfare. Persino il tono della voce o il suo fisico statuario. O magari ricordare le sue origini, suo papà, la sua mamma, e naturalmente Michelle e le bimbe…
Riconquistare tutti gli elettori delusi. Obama ed i suoi strateghi della comunicazione devono lavorare sodo. Il tempo stringe. La speranza viene logorata giorno dopo giorno dalla crisi economica. E non bastano gli slogan. Ma questo il presidente lo sa. Ha vinto promuovendo valori e contenuti con strategie di comunicazione eccellenti. Ma il crollo di consensi è quotidiano. Occorre fare e far sapere. Non è semplice. Ci vuole un altro miracolo. Una nuova “rivoluzione”. Questa volta anche il tempo è un nemico.
Tratto dal blog di Francesco Pira
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