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Top manager e media, un rapporto da riscrivere

13/08/2008

Nel suo ultimo libro, William J. Holstein, veterano del giornalismo finanziario USA, spiega ai CEO e ai loro responsabili della comunicazione come evitare le tensioni con la stampa.

La posta in gioco è parecchio alta. Oltre all’immagine personale, si rischia quella della società ed anche una ripercussione sugli affari. Perché l’atteggiamento della stampa nei confronti dei manager è cambiato. “Non so se ci sarà un ritorno di popolarità per chi amministra le company. Nel giro di pochi anni molti di loro sono stati prima esaltati, durante la bolla speculativa di internet, e poi perseguitati dopo il caso Enron. Adesso la situazione si è stabilizzata, ma i giornalisti sono diventati più esigenti”.


A sintetizzare lo stato dei rapporti tra i media e i top manager è William J. Holstein, cronista finanziario per 34 anni e oggi editorialista per il “New York Times”, “Fortune” e “BusinessWeek”. In passato anche direttore della rivista “Chief Executive”. Nello scorso mese di aprile la Harvard Business School Press ha pubblicato il suo ultimo libro: “Manage the Media (Don’t Let the Media Manage You)”.


La premessa di Holstein è che il problema di PR tra amministratori delegati, responsabili finanziari e media esiste ancora. Specie se si guarda a quelle imprese che non rientrano nella lista dei 500 stilata da “Fortune”. “Troppo spesso vengono messi sotto pressione durante i briefing – spiega. Reagiscono d’istinto, con capacità peraltro lodevoli, in base alla loro preparazione. Ma le PR non fanno parte del bagaglio dei CEO, i quali avrebbero bisogno di qualcuno che li affianchi negli incontri con la stampa”.


Il libro, quindi, con intenzioni formative si rivolge direttamente al top management. Ai responsabili della comunicazione corporate, invece, Holstein consiglia di partecipare con maggiore assiduità alle riunioni con i CEO e i CFO dove si discute il futuro del core business aziendale. Ed è anche molto critico in tal senso: “A loro piace stare a discutere di dinamiche dei media, scrivere comunicati e preparare presentazioni – afferma – mentre alle compagnie serve qualcuno che abbia una profonda conoscenza del business. Questo – conclude – è il momento migliore per uscire allo scoperto e spiegare perché quello che la company fa è importante per l’economia americana e per il nostro stile di vita”.


Rosario Vizzini – Redazione Cultur-e
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